terragni

 

 

 

 

Questo tweet letto per caso tra i tanti che mi passano davanti nella TL di twitter mi ha incuriosito. Quando qualcuno si rivolge con simili domande a simili personaggi vuol dire che c’è qualcosa sotto.
Marina Terragni – l’autrice del post in questione – non è daccordo sulla Surrogacy ovvero quel procedimento che permette a uomini di divenire padri, senza una compagna/moglie, mediante il supporto di una donatrice di ovulo e di una “madre” gestante.

Senza tirarla troppo per le lunghe, la surrogacy funziona cosi: un ovulo di una donatrice fecondato da un uomo viene impiantato in un utero di una donna diversa dalla donatrice consapevole, quest’ultima, sin dal primo momento che il bambino che porta in grembo non è suo e che pertanto ella non avrà alcun diritto su di esso.
Tutto questo è ovviamente regolamentato da un contratto che chiarisce ogni singolo aspetto della faccenda.

Ora cio che mi lascia molto perplesso leggendo il post non è la questione se l’autrice è o meno omofoba, a questo poi risponde bene questo post, quanto piuttosto termini e frasi usate nel post stesso, tipo: “Un mio amico gay, qualche tempo fa, ha “comprato” un ovocita da una donna” ma soprattutto “bambino tolto alla/e madre/i (anzi: madre/i tolta/e al bambino) e portato in Italia, dove il piccolo ha trovato i suoi surrogati materni in una serie di tate che vanno e vengono“.

Ecco queste due affermazioni, la scelta dei termini, mi fa pensare seriamente che: la signora parte dal presupposto fondamentale che un bambino debba avere una mamma (e gli orfani di parto?), che non si compenetra minimamente con lo stato d’animo di un uomo con il desiderio di avere un figlio (e non una famiglia nel senso comune del termine, desiderio anche legittimo), e che non si immedesima con due donne che mettono a disposizione il loro corpo per far si che questo desiderio si compia.
Inoltre penso pure che ci sarebbe molto da discutere su quale idea abbia la signora dell'”esser madre”, ovvero se per lei è madre chi partorisce o chi ti desidera, ti accoglie, ti cresce, ti ama.

Ecco, prima di porsi il problema di essere o meno omofoba, lei che comunque afferma “Ho amici e amiche gay, e pure trans, e voglio per tutte e tutti una vita più semplice e più giusta“, si chiarisse prima le idee su quando si è madre.

Un pensiero riguardo “Quando in realtà si è madre?

  1. Marina Terragni è donna. Sfacciatamente autoreferenziale. Una di quelle per cui la mamma è sempre la mamma e, anche se non vuole il figlio ed è d’accordo a darlo via, è sempre “la cosa migliore per il bambino”. Questo suo dogma non vale più nel momento in cui la donna ha diritto alla sua “libertà” di donna e di autorealizzazione. Allora la mamma può tranquillamente affidarlo alle tate per andare a lavorare, o alle nonne, o agli asili, tanto qui conta la qualità e non la quantità. Lo strappo va bene. Questo suo dogma non vale al contrario (il padre non è importante, quindi due lesbiche sì.. possono surrogare il padre con una siringa e magari nemmeno dargli surrogati di figure paterne). Un coacervo di contraddizioni che fanno pensare che non abbia molto chiaro quali sono i diritti che vuole preservare. Se quelli del bambino o quelli della donna. Della donna da lei definita, ovviamente.

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